
Siamo arrivati, nonostante un inverno praticamente assente, ai Giorni della Merla.
MERLA it. è la femmina del merlo (Turdus merula). In Italia e in Sardegna il merlo è presente tutto l’anno, mentre dalle regioni europee più fredde tale uccello emigra d’inverno verso aree più calde, specie in quelle nord-africane.
Fatta questa precisazione, in Italia appare un controsenso la locuzione climatologica “i giorni della merla”, riferita ai giorni più freddi dell’inverno (normalmente gli ultimi di gennaio, ma pure i primi di febbraio). Inoltre c’è da chiedersi: perché si parla di merla e non del merlo in generale? Nessuno ha mai dato risposte all’intera problematica; e se i dizionari etimologici non prendono nemmeno in esame la locuzione, ritenendola evidentemente un “nonsense”, altri siti (quale Wikipedia) si sforzano d’affrontare l’argomento, apportando però alla nostra conoscenza soltanto dei miti. E noi sappiamo che – normalmente – i miti “infioranti” una locuzione o un vocabolo sortiscono sempre e comunque ogni qualvolta la parola risulti tetragona alla logica.
A questo punto c’è da chiedersi: a quale logica? Ciascuno di noi tenta di razionalizzare (e, se non può, tenta di mitizzare) il mondo sulla base del proprio “peculio” culturale, e se il peculio consta esclusivamente di basi latine o comunque italiche, dobbiamo riconoscere che il recinto della ricerca è ben misero, poiché nel Mediterraneo non ci fu soltanto il latino quale lingua delle origini: alle Origini concorsero tutte le lingue del bacino, ch’erano numerose, e per lo più tutte convergenti in una koinè mediterranea.
In realtà, la parola italica merla ha la base etimologica nella lingua sumerica: mir-la, da mir ‘vento’ in generale, ma specialmente ‘vento di tramontana’, ‘nord’ (tout court), ‘tempesta’ + la ‘to carry’, ‘portare, recare, apportare’. Dunque MIRLA significò ‘apportatore di tramontana, apportatore di tempeste’ (tutto un programma).
La locuzione “giorni della merla” è un raro marcatore territoriale, nel senso che nacque esattamente nel territorio italico. Certamente non poté nascere nel territorio abitato dai Sumeri, poiché questo stava al centro di un’area calda, tropicale, dove soffiano soltanto i venti caldi di monsone, provenienti dall’Oceano Indiano.
In quanto tale, anche questa locuzione – come tantissime altre del territorio italico, o sardo, o mediterraneo in genere – è la prova che nell’alta antichità il Mediterraneo ed il Vicino Oriente costituivano una koiné linguistica estesa fino ad Israele e alla Mesopotamia. La prova ch’essa si sia poi frantumata e che le basi semito-sumeriche abbiano soccombuto di fronte al dilagare dell’idioma di Alessandro Magno, ce l’abbiamo proprio dagli scavi mesopotamici, che da due secoli stanno riportando alla luce tutto lo scibile che un tempo appartenne all’intero mondo euro-mediterraneo.