INIUḌḌA’ sass. ‘smidollare, fiaccare, indebolire’; rifl. iniuḍḍassi. Questo verbo è legato a uḍḍa camp., buḍḍa log. ‘intestino retto’, anche ‘vagina’, ‘ventre’. Nell’esame etimologico di uḍḍa occorre prudenza, in quanto esso appare compromesso da un secolare uso distorto.
Lo si capisce perché è stranamente generico e indistinto nell’indicare le parti intime, estendendo pari semantica sia all’intestino retto sia alla vagina. Queste due parti in sardo hanno già una definizione distinta. La confusione ha molto a che fare con una procedura socio-culturale liquidatoria, infamante. Per trovare l’etimo dobbiamo quindi destrutturare la semantica attuale nel tentativo di ricondurla a quella originaria. Il significato attuale di buḍḍa ‘figa, vulva, pancia, deretano, intestino retto’ (quale complesso della femminilità) va interpretato come destrutturazione e immiserimento di un epiteto sacro degli Šardana operato dai preti bizantini. Il bandolo della matassa sta nel sum. ud ‘Sole’, ‘Dio Sole’ + -a caso nominale locativo (non-direzionale: indica infatti l’arresto in un luogo). Abbiamo pertanto ud-da (questa è l’esatta forma sumerica) indicante la sosta finale, il riposo finale “entro il Sole”.
Attenendoci a questa base etimologica, possiamo gettare un fascio di luce sulla stranissima locuzione camp. intraìcci in sa uḍḍa, imprecazione ottativa, desiderativa, rivolta con malanimo a uno che vogliamo mandare “al diavolo”. Nonostante la connotazione negativa che si dà al sintagma, presa per sé l’imprecazione non sarebbe affatto negativa (quanti uomini non sognano di “penetrare nella vagina”?). Diverso sarebbe che si auspichi di “rientrare nel retto”.
Considerata la secolare distorsione semantica, pare chiaro che i preti bizantini abbiano avuto il triplo fine di confondere le idee, trivializzarle, far dimenticare che intrái in sa uḍḍa era originariamente un sintagma sacrale, un augurio altamente positivo enunciato nell’ambito di credenze profondamente spirituali. il sintagma Intrái in sa uḍḍa è una rara sopravvivenza che illustra la credenza dei Sardi pre-cristiani nella metempsicosi, nel ritorno all’Uno, al Dio Unico, allo Spirito Onnipotente, da cui poi sarebbero rinati. Non possiamo dimenticare, infatti, che il concetto di Dio in quanto Essenza Unitaria dell’Universo, aveva la sua epifania proprio nel Sole, la Pura Luce, il Puro Spirito che generava il Mondo e l’Umanità e poi lo ricomponeva in Sé al momento della morte degli individui.